digital detox center

centro medico per la disintossicazione tecnologica

Descrizione

Passiamo in media 13 ore alla settimana rispondendo ad email (il 62% delle quali categorizzabile come non rilevante) e 2 ore al giorno sui social networks. Una “relazione complicata” dunque quella con il digitale, che si insinua nella nostre vite fino a quasi monopolizzarle.

Il progetto nasce con l’intento di dotare l’area del nord est Italia di un centro di disintossicazione dalla tecnologia. Dalle ricerche è emersa l’esistenza di due soli centri che, ad oggi, affrontano questa patologia: Roma e Milano-Firenze. La riqualificazione dell’ex Caserma Osoppo, situata a nord-est di Udine, vuole rientrare nell’ottica nazionale come terzo polo di riferimento.

La tecnologia ha penetrato quasi tutti i settori della vita quotidiana: queste abitudini stanno diventando sempre più diffuse a tal punto che esperti della salute le hanno definite come vere e proprie patologie. Lo psicologo Dr. Kimberly Young ha passato gli ultimi 18 anni in studi e ricerche su migliaia di persone che presentano sintomi di dipendenza tecnologica: dal 1995 ha scritto diversi libri in cui racconta la diffusione a carattere epidemico del problema. Il programma di Young è fondato sui principi della terapia comportamentale cognitiva, una forma di terapia sviluppata negli anni ‘70 che si concentra sui pensieri e convinzioni di un paziente, piuttosto che sulle sue azioni. L’obiettivo è quello di imparare a dosare l’influsso tecnologico. Come molti programmi di riabilitazione, il trattamento comincia con una completa disintossicazione di 72 ore, seguita da una valutazione psichiatrica. Dopo il periodo di “shock detox”, i pazienti prendono parte a sessioni di terapia individuale, lezioni didattiche e consultazioni familiari. Ancora, non esiste un “dipendente tipico di internet”, come per la droga o l’alcool: la dipendenza può interessare chiunque, indipendentemente dall’età, dal sesso o dal profilo socioeconomico.

I segni di un grave disordine sono paragonabili ai sintomi di qualsiasi altra dipendenza, inclusa la menzogna sull’abuso di tecnologia, la voglia di passare più tempo sul web, i tentativi falliti di controllare i comportamenti e le prestazioni sempre più scarse a scuola o a lavoro. Ma anche gli utenti che non dispongono di una dipendenza vera e propria mostrano spesso di avere un rapporto malsano con i dispositivi digitali, causa di interferenze negative con il proprio lavoro, la vita e le relazioni. L’utente medio controlla il proprio smartphone ogni sei minuti e mezzo (cioè 150 volte al giorno) e il 50% delle persone dai 18 ai 29 anni afferma di usare il proprio telefono anche in gabinetto. È stato provato che gli studenti universitari costretti ad allontanarsi dai loro dispositivi per 24 ore sperimentato sintomi fisici e psicologici di ritiro, simile a quello che i tossicodipendenti sperimentano mentre cercano di uscire dalle loro abitudini. Più in generale l’uso eccessivo della tecnologia è stato collegato a sintomi di stress, ansia e depressione. Le dipendenze possono essere date da: web (gioco d’azzardo, porno, social), black mirror (dispositivi), ricerca di connessioni wi-fi, video game.

“Hikikomori” è un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte” e viene utilizzato per riferirsi a chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria camera da letto, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno. È un fenomeno che riguarda principalmente giovani di sesso maschile, ma anche il numero delle ragazze isolate è in forte crescita.

In base alle ricerche e ai contatti presi con il centro italiano “hikikomori” per favorire una corretta progettazione è stato ipotizzato un percorso di disintossicazione per fasi.

Fase 1 – disintossicazione

Fase 2 – reinserimento parziale sociale-tecnologico

Fase 3 – officine sociali e workshop

Fase 4 – mantenimento e sostegno

Il totale dei pazienti di progetto è stato calcolato ipotizzando dei tempi di giacenza differenti che tengano conto delle differenti necessità del singolo. Quindi l’obiettivo è stato quello di dimensionare le “unità abitative” in modo da poter, per ogni tipo di paziente, fornire un livello di confort adeguato, programmando anche una sorta di routine giornaliera per favorire le relazioni paziente-paziente, paziente-staff, staff-visitatori, visitatori-paziente.

Sono infatti le relazioni la parte predominante della progettazione, seguita solo in un secondo momento dalla formalizzazione di un linguaggio architettonico dei padiglioni che compongono le spazialità del centro medico.

Collaboratori

progettato con: Jacopo Brescacin

progettato con: Stefano Toneatto

Dati in sintesi

codice:

DDU

stato:

università

tipologia:

healthcare

location:

UD

superficie:

67838 mq

anno:

2018

fasi:

0-1-2